Il Processo
di Franz Kafka
Continuo a leggerlo e rileggerlo, ma qualcosa continua a sfuggirmi, è evidente.
Spesso si definisce lo stile di Kafka "spersonalizzante" e "angosciante". A me pare invece lieve, quasi ironico, non riesco a cogliere l'angoscia di Josef K., che, come tutti sanno (?), è il protagonista del romanzo, accusato di un crimine per il quale verrà processato e condannato senza che egli abbia la minima idea delle accuse che gli sono mosse.
Primo Levi disse che La lettura del Processo, libro saturo di infelicità e di poesia, lascia mutati: più tristi e più consapevoli di prima. Più triste sì, più consapevole no, nel mio caso.
È innegabile che rimane un'amarezza di fondo per l'assurdità della vicenda del protagonista, per l'incomprensibilità e ineluttubilità - questa sì che l'ho percepita - della conclusione.
Ma non ho ricevuto altro. Ho letto che la condanna senza accusa, senza spiegazione, vorrebbe essere una metafora della giustizia divina.
Possibilissimo e anche logico. Tuttavia, mi resta forte la sensazione di non avere compreso a fondo, o meglio di non essere in grado di comprendere a fondo, questa opera. Forse sono troppo pragmatico, poco riflessivo, non so.
Quello che so è che ho ricevuto l'ennesima conferma di essere ignorante come un lavandino.
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