Il volo delle cicogne
di Jean-Christophe Grangè
Ho letto altri lavori di Jean-Christophe Grangè e li ho trovati abbastanza avvincenti, se piace il genere. Le trame sono coinvolgenti, anche se quasi sempre il finale rimane un po' debole.
Sono rimasto perciò parecchio sorpreso da questo romanzo. Sorpreso perchè noioso, poco credibile persino per questo genere, direi assolutamente palloso, per usare un termine poco tecnico ma che rende bene l'idea.
Gli autori di thriller, normalmente, cercano di coinvolgere da subito il lettore. E già qui si parte male: il protagonista è un neo-laureato in storia, orfano e adottato da famiglia benestante, che accetta un incarico da un conoscente dei genitori adottivi quantomeno strano: seguire la migrazione di alcuni gruppi di cicogne dall'Europa all'Africa, per indagare sulla sparizione di alcune di esse.
Capisco che la verosimiglianza non è necessaria in questi romanzi; certo che la storia traballa sin dall'inizio.
Il protagonista, poi, non brilla per ingegno: qualunque lettore con un minimo di intuizione si rende conto della vera ragione dell'incarico, ma il nostro no, non realizza sino ad almeno metà libro.
Il nostro mancato topo di biblioteca, poi, si rivela capace di sfuggire come un perfetto agente segreto ad attentati di killer professionisti, e più volte; diventa esperto nell'uso di armi di guerra in pochi giorni, è capace di uccidere senza la minima difficoltà. È una cosa che non sopporto persino in questo genere di romanzi: il tizio capace di trasformarsi in Jason Bourne da un giorno all'altro senza il minimo addestramento.
Ho poi la sensazione che l'autore abbia scritto questo lavoro senza il minimo entusiasmo: traspare distacco, quasi noia svogliata, nel suo periodare.
Concludo confermando che è stata una vera fatica arrivare alla fine; la conclusione è un po' più animata del resto, ma è solo perchè era impossibile mantenere un tale livello di noia dall'inizio alla fine.
È il primo romanzo di Grangè, diciamo che si stava facendo le ossa.
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